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175 metri tutti in curva

06.11.2018 | Italia
Citylife ovvero uno dei progetti di riqualificazione urbana più grandi e suggestivi d’Europa; Milano, indubbiamente, con questo progetto si è ripresa senza se e senza ma il ruolo di laboratorio italiano in ambito urbanistico, sociale e, ovviamente, imprenditoriale.

Contatto stampa

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La capitale industriale d’Italia ha saputo sfruttare appieno le opportunità che venivano dall’Expo, innescando un processo di riqualificazione urbanistica che può competere a pieno diritto con le altri migliori esperienze europee. Il fervore per chi arriva nella città meneghina è palpabile ed è, senza dubbio incarnato nei due slanciati profili delle torri di Citylife già completate alle quali se ne aggiungerà una terza che sta crescendo al ritmo più che rispettabile di un piano alla settimana.

E sì, è partita la costruzione dell’ultima torre di Citylife, progettata dall’archistar Libeskind (a cui si devono anche una serie di bellissime residenze che portano il suo nome): il “Curvo”, questo il nomignolo affibbiato dai Milanesi alla Torre Libeskind, si svilupperà su 31 piani e raggiungerà, una volta terminato, i 175 metri di altezza che lo posizioneranno sul terzo gradino del podio fra i grattacieli più alti di Milano.

La torre ospiterà la sede della PWC, colosso inglese, operativo in 158 Paesi con circa 223.000 dipendenti, che fornisce servizi di revisione di bilancio, consulenza di direzione e strategica, e consulenza legale e fiscale; vediamola più in dettaglio e capiamo assieme quali sono le tecnologie che stanno consentendo la sua crescita “a vista d’occhio” (stiamo parlando di più di quattro metri a settimana, mica noccioline).

Chi fuor li maggior tui?

Libeskind, non è un mistero, ha un rapporto particolare con Milano; il suo primo studio, infatti, lo ha aperto nel capoluogo Lombardo. Questa sintonia si percepisce benissimo nel progetto della sua torre che ha importantissimi riferimenti profondamente legati alla città; la curva della torre, infatti, non è casuale, ma si ispira sia alle forme della Pietà Rondanini di Michelangelo (gelosamente custodita al Castello Sforzesco) sia a quelle del progetto leonardesco (mai realizzato) per la cupola del Duomo.

Un’architettura contemporanea, certo, ma con solide basi nella storia meneghina, con un’aggiunta fondamentale per i tempi moderni, l’ecosostenibilità.
La Torre Libeskind sarà infatti dotata di certificato LEED Gold, a testimonianza dell’attenzione nella costruzione e nella gestione dei principi di rispetto ambientale.

Il radicamento della torre e il rapporto con la piazza antistante è demandato a una hall di accesso a doppia altezza, mentre tutti i piani superiori (fino al 26°), pensati come open space, sono organizzati attorno al corpo tecnico centrale che ospita anche gli ascensori. Il Ventisettesimo piano, poi, è occupato da una scenografica sala conferenze a doppia altezza.

Al di sopra di quest’ultima inizia la struttura in acciaio che dà forma alla cuspide, cuspide che ospita, oltre agli impianti tecnici, anche una generosa dotazione di pannelli fotovoltaici.
A quella quota si arriva con una struttura centrale (il core) in cemento armato gettato in opera, sulla quale si ancora un telaio di acciaio che a sua volta porta le grandi vetrate esterne.

In pratica i piani orizzontali sono stati concepiti come mensole ancorate al cuore centrale in cemento armato della torre.

Rampa che ti passa

Per il getto delle sezioni in cemento armato del nucleo scale ascensori della Torre Libeskind, la direzione lavori ha scelto le casserature autorampanti Doka (che ha anche contribuito fattivamente durante la fase di montaggio e installazione), in particolare il sistema di piattaforma SKE50 Xclimb, abbinato al sistema di casseforme a telaio Frami Xlife di altezza 420 cm (nel cantiere ne sono stati forniti 1.430 m2).
Doka non è nuova alle sfide in altezza; il produttore austriaco ha infatti fornito anche la Torre Isozaki, l'edificio in calcestruzzo più alto d'Italia (all'estero Doka ha contribuito alla costruzione dell'edificio più alto al mondo, la Torre Burj Khalifa, a Dubai, e la Kingdom Tower, a Gedda, ndr).
Il sistema messo a punto dall'azienda austriaca consente un’elevatissima produzione settimanale, pur garantendo i massimi requisiti di protezione delle maestranze dai rischi di caduta.

Tutte le piattaforme di lavoro hanno portata elevata e sono collegate fra loro da un sistema di scala a pioli e botole, la velocità di rampata è di 5 m al minuto, fino a una velocità massima del vento di 72 km/h e inclinazione del getto a +/- 15 gradi.

Per le riprese di getto verticale dei vani interni della Torre sono stati utilizzati i piani telescopici Doka (ben 20 pianali) e un pianale autorampante SKE50 Plus predisposto per l'attacco del braccio pompa cls; per il rampante esterno è stato utilizzato un sistema costituito da 13 piattaforme XClimb60 e da un autorampante SKE50 Plus per il modulo dotato di scala di accesso a livello del getto del nucleo e da un altro SKE50 Plus predisposto per l'attacco del braccio pompa cls.
Il sistema è costituito da 4 livelli di piattaforme di lavoro: al livello più alto (+1) si trova la piattaforma di getto, usata anche come piano di lavoro; al livello 0 è posizionata la piattaforma per i pannelli di casseratura (Top50); al livello –1 si trovano i meccanismi idraulici per il sollevamento automatico e infine al –2 gli operatori recuperano i coni di ancoraggio del sistema alla struttura.

Il sistema Doka SKE 50 Plus è stato scelto perché ideale per eseguire opere ad altezze rilevanti e complesse; infatti la movimentazione totalmente idraulica dei moduli e l’ancoraggio del sistema alla struttura permettono di tenere elevati ritmi produttivi in qualsiasi condizione atmosferica, inoltre le ampie piattaforme di lavoro, chiuse sui lati, garantiscono la massima sicurezza del personale.

Vento? Quale vento?

Utilizzato per la messa in sicurezza della zona solai, il sistema di protezione perimetrale completo Doka XClimb60 protegge sia il piano interessato alla lavorazione (piano di getto) sia quello sottostante (piano di ripuntellazione).

Costituito da un manto continuo in lamiera grecata, microforata, tale sistema viene movimentato idraulicamente sui profili Xclimb come avveniva per i sistemi rampanti visti precedentemente.

Non solo migliora la sicurezza degli operatori che si trovano a lavorare in quota, ma funge da barriera per gli agenti atmosferici senza per questo bloccare l’ingresso dei raggi solari.

Ha altezza massima d’interpiano di 4,5 m, velocità di rampata di 3 m/min e consente l’installazione di apposite piattaforme per agevolare la movimentazione di materiali e attrezzature. Nel progetto vengono impiegati 156 metri lineari di schermo con piattaforma di getto con altezza di 10 metri a cui si aggiungono due piani di sbarco per i materiali da costruzione.

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